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L’opera più importante di Stratis Tsirkas è indubbiamente la trilogia Città alla Deriva. L’inizio di una nuova trilogia di romanzi sarebbe stato il volume uscito col titolo La primavera perduta (Η Χαμένη Άνοιξη. Κέδρος, Αθήνα 1976), che sarebbe stata la prima parte di una nuova trilogia che aveva pianificato con il titolo Vent’anni ma che non ha fatto in tempo a completare. Questa trilogia avrebbe coperto la storia della Grecia fino al periodo della dittatura. In una sua dichiarazione Tsirkas dice: “Nella Primavera perduta ho avuto molte più difficoltà. E ho avuto difficoltà perché gli eventi erano molto vicini. È terribile il timore, che preoccupa chi scrive, delle critiche dei presenti, delle persone che hanno vissuto lo stesso evento. Panico terribile. “Dai! -mi dirà qualcuno – le cose non stanno così …” . È fantastico, cerco il più possibile di essere nella verità artistica e allo stesso tempo di essere nella verità della realtà, cioè di non distorcere eventi, persone o personaggi. Ecco, in Primavera perduta era più difficile andare avanti, forse è anche una questione di età. Sono vecchio e non scrivo più come una volta, sai?”
Tsirkas fu anche un prolifico traduttore (dall’inglese, dall’italiano e dal francese) ed un saggista e critico letterario di grande profondità. Tra le sue traduzioni in greco si possono elencare testi di Ann Philippe, Stendhal, Erasmo da Rotterdam, Malcolm Lowry, Cesare Pavese, ma anche opere di Antoine de Saint Exupery, dei Fratelli Grimm e di Esopo.
Tra i saggi spiccano i lavori dedicati a Kostantino Kavafis, uno dei massimi poeti greci, di Alessandria, tra cui: Kavafis e il suo tempo (1958), K.P. Kavafis Commentari su Ruskin. Un manoscritto aneddotico del poeta, Atene 1963, K.P. Kavafis. Schizzo di una cronologia della sua vita, Atene 1963, Il politico Kavafis, Kedros, 1971.
Del rapporto con Kavafis parla lui stesso in più occasioni. Lo incontrò di persona la prima volta il 10 Luglio del 1930. Seguiranno altri incontri, di cui qualche tempo dopo scriverà: “Se conto le ore che ho passato con lui, non ne trovo più di dodici o tredici al massimo. Alle nove o alle dieci eravamo soli. Erano i [momenti] migliori.” E aggiunge: “Da allora non l’ho più rivisto. Sono stato subito attratto da altri orizzonti. Uno sciocco fanatismo non mi permise di cercare un nuovo incontro tante volte mentre tornavo ad Alessandria. Un pomeriggio, al Cairo, per strada, seppi che era morto. In quei giorni Hitler, ora cancelliere, stava pacificando la grande ondata di terrorismo in Germania. Se qualcuno mi avesse detto che un giorno avrei dedicato tre anni allo studio e alla ricerca delle fonti e delle circostanze della poesia di Kavafis, lo avrei considerato pazzo“.