Ghiannis Ritsos – Γιάννης Ρίτσος
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Nacque a Monemvasià (Peloponneso) nel 1909. Dopo un’infanzia segnata da gravi lutti familiari, nel 1926, colpito da tisi, fu ricoverato in sanatorio, dove rimase per tre anni. In seguito esercitò la professione di attore-ballerino e di copista in una banca.
Nel 1933 entrò nelle file della sinistra, avviando un impegno politico che segnerà, spesso dolorosamente, la sua esistenza. Durante la guerra civile ed il successivo governo di destra (1948-1952) e poi sotto la dittatura dei colonnelli (1967-1974) fu ripetutamente incarcerato, confinato o deportato nei campi di concentramento, ma restò sempre fedele ai suoi ideali di libertà e di giustizia sociale.
Ottenne numerosi riconoscimenti internazionali di grande prestigio (come il Premio Lenin nel 1977) e fu candidato per anni al Premio Nobel per la Letteratura. Le sue poesie e molti suoi lavori teatrali sono stati tradotti in molte lingue europee. Dotato di una incredibile facilità di versificazione, Ritsos è autore di oltre cento opere, raccolte in dieci volumi dalla Casa Editrice Kendros.
Tra queste segnaliamo: Trattore (1934); Piramidi (1935); Epitaffio (1936); Il canto della sorella (1937); Sinfonia di primavera (1938); La marcia dell’oceano (1940); L’uomo con il garofano (1952); Veglia (1954: contiene Grecità e La Signora delle Vigne); Sonata al chiaro di luna (1956, che gli valse il Premio nazionale di poesia); I quartieri del mondo (1957); Quando arriva lo straniero (1958); Le vecchie e il mare (1959); La casa morta (1962); Sotto l’ombra del monte (1962); Dodici poesie per Kavafis (1963); Testimonianze I (1963) e II (1965); Gesti (1969-70); Pietre, Ripetizioni, Sbarre (1968-69); Quarta dimensione (1972, contiene 17 monologhi scritti tra il 1956 e il 1972, tra cui i celebri Elena, Crisòtemi, Oreste); Diciotto canzonette per la patria amara (1973); Graganda (1973); La distruzione di Melos (1974); Inno e lamento per Cipro (1974); Il muro nello specchio (1974); Diario d’esilio (1975); L’ultimo secolo prima dell’Uomo (1975); Attualità (1975); Divenire (1977); La Porta (1978); Il corpo e il sangue (1978); Una lucciola illumina la notte (1978); Trittico italiano (1981, contiene: Trasfusione, Il mondo è uno, La statua sotto la pioggia); Erotica (1980-81) etc.
Molte sue liriche sono state musicate da Mikis Theodorakis: tra queste Grecità (Ρωμιοσύνη) (1966), scritta nel 1945-47 ma sottoposta a censura fino alla pubblicazione nel 1954 (è compresa nella raccolta Veglia) e le Diciotto canzonette per la patria amara (scritte nel 1968 e musicate nel ’73).
Ha tradotto in greco Blok, Hikmet, Erenburg, Jòzsef, Majakovskij e i maggiori poeti rumeni e cecoslovacchi.
È morto nel 1990.
Poesie scelte
II. (da Trasfusione)
La Grecia in ogni istante in ogni luogo
muta solitaria conoscenza
la Grecia nascosta ci dà pena
automobili corrono turisti lampioni
la Grecia immobile su una pietra mutilata
i piedi nudi sulle spine
un drappo bianco sulle ginocchia
uno spago rosso al polso.
Taormina, 28.V.76 |
II.
Ἡ Ἑλλάδα σ᾿ ὅποιαν ὥρα σ᾿ ὅποιο τόπο
βουβή ἐρημική γνωριμία
ἡ Ἑλλάδα μᾶς πονάει κρυμμένη
αὐτοκίνητα τρέχουν περιηγητές φανοστάτες
ἀσάλευτη ἡ Ἑλλάδα σέ μιά σπασμένη πέτρα
τά πόδια της γυμνά στ ἀγκάδια
ἕνα ἄσπρο πανί στά γόνατά της
ἕνας κόκκινος σπάγγος στὀν χαρπὀ τοῦ χεριοῦ της,
Ταορμίνα, 28.V.76 |
Erotismo
Angoli della notte — ritrovi d’omosessuali. Le prostitute
stanno un po’ in disparte; tirano fuori gli specchietti; rimi-
rano
metà d’una loro guancia e metà luna. Ritoccano le labbra.
Il rosso
cangia in viola, come l’ombra sotto il letto di bronzo
che nasconde due scarpette bianche invecchiate. Nel gran-
de viale
giace come una salma una tuta blu d’operaio. (Che sia
Pasolini schiacciato dall’Alfa Romeo?) Devi tornare — di-
ceva; —
una stella lunga, molto lunga, e i mozziconi di sigaretta.
Si sono induriti gli anni,
indurite anche le mani. Ciascuno
ha moltissime mani. Lo sai. Le mani
tastano, massaggiano il buio da ogni parte. Rimane sulle
dita
una sostanza vischiosa e densa, come di lumaca o sperma;
poi non si vogliono lavare. Si coricano alla rinfusa su un
grande treno
che attraversa una foresta sconfinata. Un uomo dai baffi neri
sulla terrazza bianca del palazzo più alto
si taglia le unghie dei piedi al chiaro di luna. La donna le
raccoglie,
riprende l’ascensore e scende in cucina per gettarle
nel secchio dell’immondizia. Ci ripensa. Le chiude
in un cofanetto blu di velluto. E piange.
Milano, 27.V1.80 |
Ἔρωτισμός
Γωνιές τῆς νύχτας — στέκια ὁμοφυλόφιλων. Οἱ πόρνες
στέκουν κάπως παράμερα’ βγάζουν τά καθρεφτάκια τους:
Κοιτάζουν μέσα
μισό τό μάγουλό τους καί μισό φεγγάρι. Ξαναβάφουν τά χεί-
λη τους. Τό κόκκινο
γυρίζει στό μαβί σάν τή σκιά κάτω ἀπ᾿ τό μπρούτζινο κρεβά-
τι
πού κρύβει δυό λευκά γερασμένα γοβάκια. Στή μεγάλη λεω-
φόρο
κεῖται σάν πτῶμα μιά γαλάζια φόρμα ἐργατική. (Μήν εἶναι
ὁ Παζολίνι πατημένος ἀπ᾿ τήν Ἄλφα Ῥομέο;) Νά ξανάρθεις
–ἔλεγε᾽ —
ἕνα ἄστρο μακρύ, πολύ μακρύ καί τ᾽ ἀποτσίγαρα. Σκλήρυναν
τά χρόνια,
σκλήρυναν καί τά χέρια. Καθένας
ἔχει πάμπολλα χέρια. Τό ξέρεις. Τά χέρια
ψαύουν, μαλάζουν τό σκοτάδι ἀπ᾿ ὅλες τίς μεριές, Στά δάχτυ-
λα μένει .
μιά κολλώδης, παχύρευστη οὐσία σάν γυμνοσάλιαγκας ἢ
σπέρμα’
δέ θέλουν μετά νά πλυθοῦν, Πλαγιάζουν ἀνάκατα σ’ ἕνα με-
γάλο τραῖνο
πού διασχίζει ἕνα ἀπέραντο δάσος. Ἕνας ἄντρας μέ μαῦρο
μουστάκι
ἐπάνω στή λευκή ταράτσα τῆς ψηλότερης πολυκατοικίας
κόβει τά νύχια τῶν ποδιῶν τοῦ στό φεγγαρόφωτο. Ἡ γυναίκα
τά μαζεύει,
παίρνει ξανά τό ἀσανσέρ καί κ. τεβαίνει στήν κουζίνα νά τά
ρίξει
μές στό καλάθι τῶν ἀπορριμμάτων. Μετανιώνει. Τά κλείνει
σέ μιά γαλάζια, βελουδένια κασετίνα. Καί κλαίει.
Μιλάνο, 27.VI.80 |
La ballata di Karlovasi
Vecchie case abitate dai fischi notturni dei battelli. Dai
lampadari
pendono piccole navi di legno costruite con cura
da mani di marinai condannati. Da anni e anni ormai
sono sprangate. La ruggine, il sale, le tarme, i tarli
hanno corroso porte, finestre, pavimenti, scale,
serrature, sbarre. Qui dentro
un tempo i bambini giocarono con un cane grande come
un leone;
corpi nudi si rotolarono su tappeti persiani. Perciò, le notti,
dabbasso rimbomba inesorabile il mare, e il vecchio capi-
tano
agita in aria una lampada antivento, gridando a uno a uno
i loro nomi — Artèmide, Elettra, Elena, Patroclo, Achille, Oreste —
poi sale sulla nave, tirata in secco, spegne la lampada
e si corica sotto la stessa coperta fradicia di Odisseo.
Karlòvasi, 10.VII.81 |
Ὅρμος Καρλοθασιοῦ
Σπίτια παλιά κατοικηµένα .ἀπό νυχτερινά σφυρίγματα
πλοΐων. Στούς πολυελαίους
κρέμονται ξύλινα μικρά καράβια λεπτοδουλεμένα
ἀπό χέρια ναυτικῶν καταδίκων. Χρόνια καί χρόνια τώρα
κατάκλειστα. Ἡ σκουριά, τό ἁλάτι, ὁ ξυλοφάγος, ὁ σκόρος
κατάφαγαν πόρτες, παράθυρα, πατώματα, σκάλες,
κλειδαριές, κιγκλιδώματα. Ἔδῶ μέσα
ἔπαιξαν κάποτε παιδιά μ’ ἕνα μεγάλο σκυλί σά λιοντάρι:
γυμνά κορμιά κυλίστηκαν σέ περσικά χαλιά. Γι’ αὐτό, τίς
νύχτες,
βουίζει κάτω ἀδυσώπητη ἡ θάλασσα, κι ὁ γερο-καπετάνιος
σαλεύει στόν ἄνεμο μιά λάμπα θυέλλης φωνάζοντας ἕνα ἕνα
τά ὀνόματά τους — Αρτεμις, Ἠλέκτρα, Ἑλένη, Πάτροκλε,
᾿Αχιλλέα, Ὀρέστη —
ὕστερα μπαίνει στό καράβι, ἀπορριγμένο στή στεριά, σβήνει
τή λάμπα του
καί πλαγιάζει κάτω ἀπ’ τήν ἴδια νοτισμένη κουθέρτα τοῦ
Οδυσσέα. |
Καρλόβασι, 10.VIII.81 |